Avete mai sentito parlare di maiale da tartufo? Non fino a troppo tempo fa, parliamo dell’anno 1985, in Italia avreste potuto incontrare aggirarsi nei boschi dei tartufai con un maiale al guinzaglio. Non un cane, avete capito bene. Un maiale.
Il maiale, in particolare la scrofa, ha delle caratteristiche naturali che gli permettono di trovare rapidamente i tartufi: un ottimo olfatto e l’inclinazione a procurarsi il cibo scavando nella terra. Inoltre, pare che la somiglianza tra l’odore del tartufo e quello degli ormoni del maiale attiri ancora di più la femmina che, una volta identificata la fonte addirittura fino a tre metri di profondità, inizia con irruenza a scavare nel terreno.
Se i vantaggi sono diversi, alcuni inconvenienti a cui il tartufaio sarebbe andato inevitabilmente incontro erano le dimensioni del maiale, che con la crescita avrebbe reso più difficoltoso lo spostamento nei boschi, nonché la difficoltà nell’allontanarlo da quel bocconcino prelibato e di valore appena trovato, di cui il maiale è ghiotto.
Il cavatore esperto, tenendo conto di tutto questo, sapeva già come scegliersi un maialino adatto fin dall’acquisto. Alle fiere e ai mercati del bestiame, cercava di capire quale fosse la femmina più rapida ad accorgersi del tartufo in suo possesso e tenuto ben nascosto spesso sulla punta di un bastone e quella sarebbe stata la sua scelta.
In alcuni paesi, Francia in primis, la ricerca del tartufo grazie alla collaborazione dei maiali è qualcosa di ancora molto attuale e sentito. Non è raro poter osservare video sul web di cavatori fieri delle capacità di ritrovamento del loro maiale da tartufo.
Se questa attività era ben in voga anche nel territorio italiano fino al 1985, una Legge ha posto fine alla simpatica unione maiali tartufo promuovendo una ricerca del tartufo ecosostenibile. Sembrerebbe infatti che la motivazione principale per cui sia vietato l’uso di maiali da tartufo riguardi l’abitudine del maiale di scavare con foga nel terreno, strappando piante, radici, trovando spesso tartufi ancora acerbi e danneggiando così le tartufaie.
La ricerca è stata regolarizzata inserendo l’obbligo dell’ausilio di un cane da tartufo appositamente addestrato. I cani, pur avendo l’olfatto meno sviluppato rispetto a quello dei maiali, sono sicuramente più rapidi, obbedienti, addestrabili e delicati nell’indirizzare il cavatore al tartufo trovato, senza così rovinare il terreno.
L’utilizzo del maiale nel procacciare tartufi risale probabilmente all’Impero Romano, anche se il primo a documentarne e a descriverne l’uso fu Bartolomeo Sacchi detto il Plàtina, gastronomo italiano del 1400.
Poco più tardi, a tavola dei nobili europei del Settecento non era difficile incontrare prelibatezze al tartufo e ascoltare racconti di come lo stesso fosse stato ritrovato grazie all’aiuto dei maiali. In quel periodo questa attività finì per diventare uno svago di corte. Venivano organizzate delle vere e proprie “battute di ricerca” del tartufo e i nobili dell’epoca partecipavano con grande entusiasmo.
Successivamente, lo standard di raffinatezza ed eleganza caratteristico della nobiltà dell’epoca fece sì che il maiale venisse sostituito da cani di razza addestrati appositamente per la ricerca del tartufo.
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